Boscotrecase

Cenni Storici
Il rinvenimento di alcune tombe protostoriche (VI-IV sec a.C.) sul suo territorio, testimonia che Boscotrecase fu abitata da quelle popolazioni osco-sannite, che portarono nella zona la coltivazione della vite e di altri prodotti della terra.
boscotrecase_affrescoCon l’arrivo dei Romani (90 a.C.) al comando di Silla, sul suo territorio detto Pagus Felix Suburbanus vennero edificate numerose ville abitate quasi stabilmente dal ceto patrizio e mercantile; furono pure impiantate diverse aziende agricole dove veniva prodotto il celebre Vinum Vesvinum.
Tra le ville scavate nella zona famosa è quella detta di Agrippa Postumo, figlio del generale romano Agrippa e di Giulia, figlia dell’imperatore Augusto, rinvenuta nel 1903 in via tenente Luigi Rossi ad opera del cavalier Ernesto Santini.
Nella villa oltre al ritrovamento di lucerne con il segno della croce cristiana, furono scoperti degli affreschi splendidi nel cosiddetto III stile pompeiano, alcuni dei quali oggi esposti al Museo Archeologico Nazionale di Napoli, altri al Metropolitan Museum di New York.
Ancora a Boscotrecase fu scoperta nel 1899, ad opera di Vincenzo de Prisco, nella proprietà di don Nicola Vitelli, alla contrada Setàri, la villa rustica appartenente a Lucio Arellio Successo.
Un altro rinvenimento avvenne nel 1928 in via Cavour ove fu scoperta una cella vinaria con un dolio recante il bollo Barniu Erotis.
La vita trascorreva tranquilla nel territorio vesuviano, quando nel 62 d.C. un forte terremoto provocò danni e distruzioni in tutta la zona: Pompei, Ercolano, Nocera, Stabia ed il Pagus subirono danni ingenti e molti tetti e porticati di ville crollarono.
Poco più di tre lustri erano trascorsi da allora quando una violenta eruzione seppellì di ceneri e lapilli i medesimi centri urbani, era il 24 agosto del 79 d. C. Boscotrecase e gli altri luoghi vicini, vennero abbandonati dalle popolazioni atterrite che solo nel II-III secolo vi fecero ritorno, come attesta il ritrovamento di una costruzione, avvenuto nel 1932 in via Ugo Foscolo contrada Colonne, e di tombe cristiane e monete, rinvenute in vari punti del territorio comunale.
Nel Medioevo tutta la zona, spopolata, fu completamente circondata da una folta foresta. Nel X secolo sorsero alcuni eremi e una chiesa dedicata a San Gennaro (Sancti Januari in Sylva) è attestata nel 1093, come riferisce l’Ughelli, la quale viene concessa da Sasso, Abate della SS. Trinità di Cava, all’Abate di San Lorenzo di Aversa. In questo periodo la zona viene indicata con il nome di Sylva Mala.
Sotto re Federico II di Svevia (1194-1250) il bosco venne staccato dal vasto territorio appartenente alla Terra di Ottajano ed utilizzato come riserva di caccia per la corte.
La Sylva confinava a nord col Vesuvio, a sud con il lido del mare (Capo Oncino), ad ovest con il territorio della Turris Octava (Torre del Greco), ad est col Nemus Schifati (Boscoreale), mediante l’attuale via Promiscua, antico corso d’acqua e con il territorio di Ottaviano da cui era stata staccata.
Nel 1337 re Roberto d’Angiò donò la Sylva Mala ai tre monasteri che la moglie regina Sancia aveva fondato a Napoli: Santa Chiara, Santa Maria Egiziaca e Santa Maria Maddalena. Da quel momento in poi il bosco assumerà il nome di Bosci Trium Domorum che nel tempo si tramuterà in Boscotrecase.
Sotto il governo aragonese incominciò il disboscamento della Sylva, grazie all’affidamento delle terre, promosso dalle tre boscotrecase gonfalonecase religiose, ai contadini provenienti dai luoghi vicini. Il folto bosco di Sylva Mala lasciò il posto ad un terreno fertilissimo coltivato a vigneti, frutteti, agrumeti. Il primo nucleo abitativo si sviluppò al confine con Torre del Greco, intorno alla chiesa intitolata a Santa Maria delle Grazie, elevata a Parrocchia nel 1587, con Bolla di Papa Sisto V, dal Card. Paolo Burali d’Arezzo, Arcivescovo di Napoli.
Il Quattrocento segnò la divisione dei territori di Boscotrecase e Boscoreale: il primo, gravitante su Torre del Greco, venne a trovarsi in diocesi di Napoli, il secondo, dipendente da Scafati, in diocesi di Nola.
Il Seicento vide il sorgere dei due quartieri Oratorio e Annunziatella e lo svilupparsi di un terzo, Terra Vecchia, oggi parte integrante del territorio di Torre Annunziata.
Terra di Demanio Regio fino al 1596, Boscotrecase passò in proprietà a don Alfonso Piccolomini, Principe di Valle, acquistata per 17.500 ducati in quello stesso anno.
Nel 1601 dovendo dare una grossa somma di denaro a Marco Antonio Jodice di Genova, re Filippo III di Spagna gli vendette la Terra di Bosco Tre Case per 30.000 ducati, col titolo di Marchese ed altri privilegi. Nel 1616 il Viceré Conte di Lemos la cedette a don Giovanni Piccolomini d’Aragona, Conte di Celano, figlio ed erede di Alfonso.
Mentre la vita trascorreva felice in quella terra baciata dal sole e impreziosita dalla fertilità del suolo, il Vesuvio da decenni in stato di quiete, improvvisamente mostrò tutta la sua pericolosità: la mattina di martedì 16 dicembre 1631 iniziò la sua attività e per tutto il giorno tremendi boati scossero l’aria circostante. Il giorno dopo iniziò a lanciare una pioggia di cenere e lapilli che investì i paesi circostanti. Seguirono verso mezzogiorno colate laviche che si diressero verso il mare tra Torre Annunziata e Portici.
Boscotrecase fu così quasi completamente distrutta. A seguito di ciò molti abitanti abbandonarono il luogo natìo e andarono a rifugiarsi a Boscoreale, a Scafati, a Napoli, risparmiate dalla lava.
I circa 7000 abitanti registrati nella metà del Seicento, erano distribuiti intorno alla chiesa parrocchiale di Santa Maria delle Grazie, insufficiente ai bisogni spirituali di un così gran numero di fedeli. Si rese allora necessaria la creazione di altre parrocchie per la cura delle anime: sorsero così quelle di Sant’ Anna, nel quartiere Oratorio, dell’Annunziatella (Ave Gratia Plena) nel quartiere omonimo e la parrocchia dello Spirito Santo, nel quartiere Terra Vecchia (oggi Torre Annunziata).
boscotrecase eruzione 1754Nel Settecento sorsero a Boscotrecase le prime industrie per la lavorazione della seta, l’estrazione del lapillo, la lavorazione della pietra vesuviana, che fino a pochi anni fa ha dato lavoro a molti scalpellini, veri e propri maestri nell’arte di modellare tale pietra.
Molto attiva era anche la produzione vinicola in particolare il Lacryma Christi, vino bianco dolce che si ricava dall’uva falanghina. Infine di notevole rilevanza era la coltivazione di fichi, nespole, sorbi, prugne, pesche.
Nel dicembre 1758 iniziarono i primi sondaggi e scavi archeologici nel territorio e precisamente nella contrada Mortellari. In questo periodo viene aperta al pubblico, grazie all’interessamento del card. Sisto Riario Sforza, Arcivescovo di Napoli, e ad iniziativa del sac. Cristoforo Vitelli, la cappella privata dedicata a San Gennaro, in contrada Casavitelli. Il 1794 vede Boscotrecase, con Somma ed Ottajano, devastata da piogge caustiche e torrenziali che si scatenarono dopo l’eruzione del Vesuvio di quell’anno. Il Settecento rappresenta l’epoca d’oro delle cosiddette “ville vesuviane”, residenze estive di molte famiglie nobili napoletane e locali. Ricordiamo villa Apice, villa Carotenuto, villa Casella, villa De Siena, villa Rota.
Con la venuta dei francesi nel Regno di Napoli, Re Giuseppe Bonaparte nel 1806 istituì i Comuni, per cui l'Università di Boscotrecase si trasformò in Comune autonomo, con un Sindaco, due Eletti (assessori) e dieci Decurioni (consiglieri). Appena quattro anni dopo il quartiere Terra Vecchia venne aggregato a Torre Annunziata la quale con decreto sovrano del 19 febbraio 1810 venne denominata Gioacchinopoli, nome che detenne fino al 1815 quando cessato il governo di Gioacchino Murat e l’occupazione militare, continuandosi a formare un solo comune con l’unione delle due terre, si disse Torre Annunziata.
Nel 1822 Boscotrecase di nuovo venne minacciata dal Vesuvio: la contrada Viùli fu invasa da rigagnoli di lava ed il giorno 23 ottobre quando la lava incominciò a diminuire ed il monte si scoprì dalle nubi, si osservò che il cratere era sprofondato di circa 300 metri.
Nel 1860 si compì l’Unità d’Italia: le aspettative delle popolazioni locali che avevano simpatizzato per il nuovo regno con la speranza di poter ottenere la terra lavorata da generazioni si trasformarono in rabbia contro i Piemontesi dando così vita ad un violento brigantaggio in tutta la Sylva Mala.
boscotrecase_piloneUno dei briganti più famosi fu Antonio Cozzolino, originario di Boscotrecase, già “maestro scalpellino”, detto Pilone, così soprannominato per la sua villosità e la sua caratteristica folta barba cresciuta durante la lunga e selvaggia vita di latitante attraverso le impervie e fitte boscaglie delle zone laviche del Vesuvio. Pilone, legittimista borbonico (era stato nell’esercito napoletano e aveva combattuto contro Garibaldi in Sicilia), appoggiato dai contadini e dai galantuomini locali, per circa cinque anni tenne testa ai Piemontesi sostenendo con essi aspri combattimenti in tutta la valle del Sarno. Dispersa la sua banda, solo il 14 Ottobre 1870 grazie al tradimento di un compagno cadde in un agguato mortale tesogli dalla polizia nei pressi dell’Orto Botanico di Napoli.
Con decreto del 22 febbraio 1877 la frazione Oncino di Boscotrecase venne aggregata al Comune di Torre Annunziata con la conseguente perdita di ogni accesso al litorale marino.
In seguito alla suddivisione del Regno in Circondari, nel 1880 Boscotrecase diventò sede di Mandamento di cui entrarono a far parte i Comuni di Boscoreale e Poggiomarino.
I secoli XVIII e XIX sono caratterizzati per la cittadina di Boscotrecase dall’aver dato i natali a personaggi illustri:
Nicola Cirillo (1752-1806), pio sacerdote, scrittore di opere sacre e Vescovo di Ariano. Salvatore Cirillo (1787-1857), letterato e filologo greco, Prefetto della Biblioteca Reale di Napoli. Prospero Sorrentino, medico chirurgo, nato nel 1822, fu liberale e partecipò ai moti del 1848. Fu Sindaco dal 1866 al 1874, Consigliere Provinciale nel 1876.
boscotrecase_calvaneseSalvatore Calvanese (1830-1916), canonico della Cattedrale di Napoli, Professore di Filosofia e Rettore del Seminario Arcivescovile di Napoli.
Giuseppe Prisco (1833-1923), filosofo, teologo, uomo di profonda cultura le cui opere furono tradotte eboscotrecase card prisco studiate in tutta Europa, Cardinale Arcivescovo di Napoli dal 1898 al 1923. Giovanni Della Rocca (1838-1903), avvocato, Consigliere Provinciale, Deputato al Parlamento, Sottosegretario agli Interni e alla Giustizia. Giuseppe Izzo (1847-1914), zelante parroco di Sant’Anna, fu stimato Vescovo di Cava e Sarno. Luigi Napodano, nato nel 1842, avvocato, Docente di Procedura Civile all’Università di Napoli, Deputato al Parlamento nel collegio di S.Angelo dei Lombardi (1876), Consigliere Provinciale (1879), sindaco di Boscotrecase ai primi del Novecento. Gennaro Matrone (1848-1927), ingegnere specializzato in ponti e strade, Consigliere Provinciale, archeologo dilettante. Portò alla luce nel 1899 una villa romana in contr. Bottaro, sul lido dell’antica Pompei, dove si rinvenne il famoso “Ercole Matrone” bronzo ellenistico di rara bellezza oggi al Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Costruì a sue spese la strada che dal versante di Boscotrecase giunge a quota 900 del Vesuvio (completata nel 1927). Giuseppe Grizzuti (1875-1943), avvocato e magistrato onorario, aprì la sua casa ai più bei nomi della letteratura napoletana: G. Capurro, R. Galdieri, F. Russo.
Nel 1904 fu inaugurata la linea a scartamento ridotto della ferrovia Circumvesuviana, tratto Torre Annunziata – Poggiomarino e Boscotrecase fu servita da una stazione.
Nel 1906 il Vesuvio fece ancora sentire tutta la sua potenza: il giorno 6 aprile entrò nella fase parossistica, il 7 il cratere che fin dalle prime ore del giorno spingeva in alto densi vortici neri, cominciò a tuonare orribilmente e a lanciare a centinaia di metri in alto grandi massi e piccoli pezzi di scorie incandescenti. Giunse il momento in cui la cima del monte sembrò divenuta un’immensa girandola. La lava penetrò nell’abitato di Boscotrecase, nel quartiere Oratorio, in due correnti di lava, di cui una investì il Vallone, l’altra Casavitelli. Piazza Sant’Anna fu invasa dalla lava, che proseguì verso il cimitero di Torre Annunziata.
boscotrecase eruzione 1906Il Governo inviò in aiuto della popolazione boschese l’8° Reggimento di Fanteria, accorsero sul luogo i Reali di Casa Savoia e il Cardinale Giuseppe Prisco. Nel 1910 Boscotrecase, con San Giuseppe, Ottajano, San Gennaro e Somma formano un consorzio per avere l’acqua del Serino che giunse alcuni anni dopo.
Nel 1928 Boscotrecase e Boscoreale perdendo l’autonomia, diventano frazioni del Comune di Torre Annunziata. Con decreto n. 37 del 24 gennaio 1946 Umberto di Savoia, Luogotenente del Regno, restituisce l’autonomia ai due Comuni.
Il dopoguerra vede il fiorire di numerose attività commerciali ed artigianali. La strada Matrone per il Vesuvio è al culmine del suo funzionamento, portando migliaia di turisti da Pompei al cratere.
Boscotrecase ha un suo particolare momento di notorietà con la realizzazione in paese del film di Renato Castellani (1913-1985), regista neorealista, dal titolo Due soldi di speranza (1951), con: Vincenzo Musolino, Maria Fiore, Gina Mascetti, Carmela Cirillo.
Come ricorda F. Di Giammatteo nel Dizionario universale del cinema, Due soldi di speranza narra dell’amore contrastato di due giovani e delle loro avventure picaresche, con uno spirito umoristico che rimanda al “Novellino” e al “Cunto de li Cunti”. Primo esempio di quel neorealismo rosa accusato di evasività, il film mette in scena, con pulizia formale e freschezza di spunti, un intero paese, Boscotrecase, vero emblema di napoletanità. La sceneggiatura del film (b/n, durata 103 min.) fu realizzata da Titina De Filippo e dallo stesso Castellani.
Gli anni Ottanta vedono il traumatico stacco della frazione Trecase dal capoluogo. Con il referendum del 6 maggio 1979 Trecase ottiene l’autonomia da Boscotrecase il cui territorio è oggi ridotto a 7,18 kmq, con una popolazione di circa 11.000 abitanti.

Monumenti
Chiesa di S. AnnaLa chiesa di Sant’Anna, nel quartiere Oratorio, venne elevata alla dignità parrocchiale nel 1668, previo assenso del card. Innico Caracciolo, Arcivescovo di Napoli, a seguito di richiesta formulata dal Parlamento dell’Università di Boscotrecase del 29 aprile di quell’anno. Nella medesima seduta, in realtà, quei Deputati chiesero pure l’istituzione di altre due parrocchie: Ave Gratia Plena nel quartiere Annunziatella e Spirito Santo nel quartiere Terra Vecchia, richieste entrambe esaudite. L’Università di Boscotrecase aveva il diritto patronato sulla parrocchia di Sant’Anna e lo esercitava mediante la nomina del parroco che, quindi, non veniva designato dal Vescovo come accadeva per le altre parrocchie dell’estesa Diocesi napoletana. Ogni anno il 26 luglio, ricorrendo la festività della titolare, venivano eletti 12 maestri governatori, sei per ogni semestre. La chiesa ebbe lavori di ampliamento nel 1730 e tre anni dopo veniva visitata dal card. Francesco Pignatelli, Arcivescovo di Napoli. A seguito delle periodiche eruzioni vesuviane che più di una volta interessarono la cittadina di Boscotrecase, la chiesa venne più volte danneggiata, in particolare dall’eruzione del 1794 e finalmente nel 1865 fu di nuovo restaurata e abbellita grazie al contributo ed alla pietà di Angelo Matrone. Al suo interno è conservata la tomba di mons. Giuseppe Izzo, nato a Boscotrecase il 19 marzo 1847, Vescovo della Diocesi di Cava e Sarno dal 1890 al 1914, anno della sua morte avvenuta il 14 gennaio in Boscotrecase, ove si era recato per le festività natalizie.
La chiesa dell’Ave Gratia Plena, nel quartiere Annunziatella, fu edificata nel Seicento su una costruzione preesistente edChiesa dell'Ave Gratia Plena era officiata dai padri Agostiniani. Elevata alla dignità parrocchiale nel 1668, venne ampliata nel secolo successivo e arricchita negli arredi. La facciata barocca è ripartita in due ordini e si conclude in alto in un frontone ad arco ribassato alleggerito al centro da un oculo a giorno. La facciata è affiancata, alla sinistra, da un campanile coronato da una struttura ad arco con pinnacolo sovrapposto. L’interno a croce latina, a tre navate, è diviso da grossi pilastri. La navata destra presenta due altari marmorei con tele settecentesche raffiguranti la Sacra Famiglia di Maria e la Sacra Famiglia di Nazaret. Nel transetto di destra è l’altare con la statua lignea policromata dell’Immacolata Concezione risalente al Settecento. La cupola presenta nei pennacchi i quattro Evangelisti realizzati in stucco a bassorilievo nei primi anni del Novecento. Il catino presbiteriale è cinto da una balaustra marmorea di pregevole fattura. All’interno risalta l’altare maggiore per la ricchezza dei marmi, risale al 1748, epoca dell’ampliamento della chiesa. Sull’altare è la pala manierista rappresentante l’Annunciazione, opera di Francesco Vaglio risalente al 1637. Nel transetto di sinistra è l’altare marmoreo con la statua in cartapesta del Sacro Cuore di Gesù, risalente alla seconda metà dell’Ottocento. Alla destra dell’altare è una nicchia con l’Annunciazione, gruppo in legno con policromia, risalente all’inizio del Settecento. Alla sinistra dell’altare è la porta di accesso all’ariosa e luminosa sagrestia. All’interno sono esposte tre tele: l’Adorazione della Croce, opera di Nicola Cacciapuoti, seguace della maniera solimenesca, realizzata nella prima metà del Settecento; l’Annunciazione, sempre del Cacciapuoti datata 1794 e la tela settecentesca raffigurante la Madonna del Baldacchino di ignoto autore di scuola giordanesca. Nella prima cappella della navata sinistra, dopo il transetto, è la tela con la Madonna del Rosario opera di autore ignoto della seconda metà del Settecento. Segue l’altare con la tela raffigurante S. Antonio di Padova in gloria, opera risalente alla seconda metà del Settecento. Nell’angolo, all’inizio della navata, è un seicentesco fonte battesimale, realizzato con marmi di recupero, anche di epoca tardo medioevale, con la data 1668 incisa.

Dr. Angelandrea Casale
Ispettore On. del Ministero per i Beni e le Attività Culturali