Boscoreale, comune in Provincia di Napoli, da cui dista km 24, ed in diocesi di Nola, ha una superficie di 11,2 Kmq. Il centro urbano è adagiato alle falde sud-orientali del Vesuvio, a quota 55 metri s.l.m.. Con le frazioni Pellegrini, Marchesa, Cangiani e Marra, la cittadina conta 27.262 abitanti (al 31 Marzo 2006).
Il territorio adesso occupato dal Comune di Boscoreale era abitato già in età preistorica. Tra il IX e VI secolo avanti Cristo gli Osci attendevano alla coltivazione dei campi e di loro abbiamo testimonianza attraverso le tombe rinvenute in contrada Marchesa, appartenenti alla cosiddetta cultura delle tombe a fossa. In età sannitica e romana (IV sec. a.C. - 79 d.C.) ville di produzione erano disseminate sulle pendici collinari intorno a Pompei e sulle circostanti alture vesuviane. Il sito in età augustea si denominò probabilmente Pagus Augustus Felix Suburbanus, costituendo anche una specie di distretto elettorale con proprie cariche a metà religiose, a metà amministrative, come quelle dei magistri pagi e dei ministri pagi. Scavi archeologici effettuati tra l'Ottocento ed i principi del Novecento, hanno riportato alla luce circa trenta ville, alcune delle quali divenute celebri nel mondo per i loro ritrovamenti. La più importante è quella cosiddetta di Lucio Cecilio Giocondo, scavata dall'on. Vincenzo De Prisco nel 1894-99 in un suo fondo di via Settetermini alla Pisanella.
Vi si rinvenne un tesoro di argenterie (128 pezzi tra vasi, posate ed oggetti) di squisita arte alessandrina, oggi al Louvre di Parigi. Tale villa è inoltre fondamentale per lo studio degli apprestamenti agricoli romani. Altra villa famosa è quella cosiddetta di Publio Fannio Synistore, portata alla luce nel 1899-1900 dal De Prisco nel fondo Vona in via Grotta. Nella grande dimora suburbana si rinvennero magnifici affreschi di II stile, conservati al Museo Archeologico di Napoli, al Metropolitan Museum di New York, al Louvre di Parigi ed in altri musei esteri. Di questa villa sono celebri il cubiculum (stanza da letto) ricco di affreschi con motivi architettonici ed il grande triclinio con affreschi megalografici. Nel 1906 nel fondo Zurlo-Pulzella in via Settetermini alla Pisanella, si rinvenne una villa rustica di cui era proprietario o procuratore Numerio Popidio Floro. Di tale villa è oggi visibile la sola sezione bagni.
Nel centro urbano, invece, nella proprietà Greco-Uliano, alla via Vittorio Emanuele, nel 1928 si rinvenne una villa rustica che il Della Corte dal suggello ritrovato identificò quale proprietà di Marco Livio Marcello, della gens Livia. Più recente è la scoperta della villa rustica, rinvenuta nel 1977 grazie alla segnalazione del Centro Studi Archeologici, in contrada Villa Regina, in via Settetermini.
Tale villa rustica, interamente portata alla luce dalla Soprintendenza Archeologica di Pompei, è attualmente l'unica testimonianza visibile delle tante ville scavate a Boscoreale dall'Ottocento ad oggi, poiché le altre sono state riseppellite dopo la spoliazione ed il recupero degli oggetti e degli affreschi. Si tratta di un'azienda agricola di duemila anni fa. Vi si è scoperto il locale con il torchio delle uve, la vasta cantina con dolii seminfossati nel terreno (18), il piccolo salone di rappresentanza del proprietario affrescato in IV stile pompeiano, la cucina con il forno per il pane, delle camere da letto (cubicula), la stanza degli attrezzi agricoli, l'aia in cocciopesto. La villa era circondata da un giardino con viti ed alberi da frutta. A cura della Soprintendenza pompeiana è stato costruito un moderno Antiquarium denominato "Uomo e Ambiente nel territorio vesuviano", dove sono conservati i materiali rinvenuti nello scavo ed altri reperti provenienti dal territorio del suburbio, ricco di ville rustiche.
L'Antiquarium si sviluppa su due sale. La prima dedicata ai vari ambienti (mare, pianura, collina, monti), alle produzioni e attività artigianali della Pompei del I sec. d.C.. La seconda alle ville rustiche del territorio boschese.
Nel 1986 vi é stato un altro ritrovamento di villa rustica romana in via Casone Grotta, in propr. Risi Di Prisco. La villa si estende presumibilmente su un'area di 500 mq; la sua prima fondazione risale all'età repubblicana, nella prima età imperiale fu aggiunto un larario che non era ancora ultimato al momento dell'eruzione del 79 d.C.. I primi sondaggi hanno riportato alla luce solo alcuni ambienti della villa, posti su due piani diversi e relativi a fasi distinte di costruzione. Molte parti dell'intonaco dipinto e degli stucchi di decorazione si sono conservati e si attende la prosecuzione dello scavo in profondità ed in estensione a cura della Soprintendenza Archeologica.
Con l'eruzione del 24 agosto del 79 d.C. il fertile territorio che produceva il famoso vinum vesvinum, esportato fin nella lontana Gallia, insieme a Pompei viene sepolto sotto una coltre di lapillo e cenere e diventa così disabitato. Solo all'inizio del III-IV sec. d.C. troviamo tracce documentate di abitanti nel luogo. Il rinvenimento di necropoli, di lucerne con il simbolo della croce, di un edificio con impianto termale, è prova sicura che la vita del luogo continuò nei suoi aspetti sociali ed economici con la trasformazione della villa rustica romana nelle ville del tardo impero, dotate di pars dominica (al proprietario) e di pars massaricia (al colono).
Nel medioevo a causa di molteplici fattori (eruzioni, incursioni barbariche e saracene, epidemie), la vita stentò a rifiorire ed il territorio si trasformò in una vasta area boschiva detta nei documenti dell'epoca Nemus Schifati (Bosco di Scafati). Una ripresa di vita si ebbe nel sec. XII, quando tre chiese benedettine svolsero la loro attività sociale nel bosco, facilitando la ripresa dei terreni compromessi dalla fuga degli uomini nel periodo dell'invasione saracena, e tuttavia fertili per la presenza di elementi vulcanici. I monaci vivono in preghiera, coltivano i campi, danno aiuto ai passanti, ai pellegrini, agli infermi. Le chiese si denominavano Sancta Maria de Spelunca, Sancta Maria Paterese e Sancta Maria ad Jacobum. Quest'ultima ancora oggi è funzionante al culto sotto il nome di S. Maria Salòme, anche se l'attuale costruzione risale al Seicento. Nel sec. XIV il territorio viene scelto quale riserva di caccia dai Re di Napoli, Carlo I, Carlo II e Roberto d'Angiò, e per tale ragione il bosco verrà chiamato Nemus Regalis cioè Bosco Reale, nome che conserva tuttora. Dal demanio regio il Bosco Reale passò in feudo a nobili famiglie quali gli Acciaiuoli (1356), i Capecelatro (1400), gli Orsini (1460), i Marzano (1495), i Maramaldo (il feudo rustico di Santa Maria Salòme nel 1532), i Piccolomini (dal 1500 ca.) i De Marino (1750). Nel Cinquecento sorgono nel Bosco Reale le prime abitazioni rurali e si realizzano vasti disboscamenti per far posto alle coltivazioni. Nel Seicento, in seguito ad una forte immigrazione dai paesi vicini, sorge il primitivo centro rurale di Boscoreale, intorno alla chiesetta di S. Maria Salòme con una popolazione di ca.1000 anime.
Il Settecento vede la costruzione della chiesa parrocchiale (1761 ca.) dedicata all'Immacolata Concezione, intorno alla quale si sviluppa il nuovo abitato. Si forma così l'attuale tracciato viario a forma di quadrilatero, composto da via Promiscua, via Giovanni Della Rocca, Via Croce e via Sotto Tenente Ernesto Cirillo, tagliato in più parti da via Vittorio Emanuele, via Tenente Angelo Cirillo e via Bellini nel senso Nord-Sud; e da via Garibaldi da Est ad Ovest. Nel Settecento su queste strade, però, si affacciavano ampi giardini e cortine sparse con botteghe di artigiani e case di contadini. In particolare una delle attività artigianali primarie dei boschesi, in questo secolo, fino a giungere agli anni '50 del Novecento, fu quella degli scalpellini, maestri nel modellare la pietra lavica del Vesuvio, che veniva coltivata in varie cave del territorio.
In tale epoca troviamo nel paese alcune famiglie baronali come quelle degli Zurlo, dei Buonincontri, dei Quinto, dei Massa, proprietarie di vaste tenute agricole nel territorio comunale e di belle ville settecentesche. Nel 1789 il casale di Boscoreale contava 3.468 abitanti. Con la venuta dei Francesi, Boscoreale acquista l'autonomia comunale grazie alla legge del 1806 di Re Giuseppe Napoleone. In tal modo si ha la costituzione di un Municipio inteso nel senso moderno della parola. La Terra di Boscoreale ai principi dell'Ottocento comprendeva il centro urbano propriamente detto e le frazioni Pellegrini, Marchesa, Marra e Flocco ad Est; le frazioni Madonna delle Grazie, Terragnete e Bottaro a Sud-Ovest; le frazioni Civita, Giuliana e Valle a Sud; il tutto con una popolazione di 5.333 abitanti nel 1816. Per tutto l'Ottocento l'attività economica va sempre crescendo specie nell'agricoltura e nell'estrazione della pietra vesuviana con la quale si provvede ad opere pubbliche e private in Italia ed all'estero. Nel 1877 Boscoreale si restringe in territorio cedendo le frazioni Madonna delle Grazie, Terragnete e Bottaro, in favore di Torre Annunziata, e perdendo quindi lo sbocco a mare. Nel 1884 avviene l'inaugurazione del tronco ferroviario FF.SS. Torre Annunziata-Cancello e Boscoreale viene servita da una stazione. Ai principi del Novecento la cittadina conta una popolazione di 9.352 abitanti (anno 1901). Nel 1904 s'inaugura, invece, la ferrovia Circumvesuviana da Torre Annunziata a Poggiomarino ed il paese è quindi collegato con Napoli.
Ai principi del secolo è fiorente la produzione di botti e di fusti di legno, e l'industria dell'imballaggio dei prodotti ortofrutticoli locali che vengono inviati tramite ferrovia in tutt'Italia ed in Europa (segherie Carotenuto, De Stefano, Vangone). La prima industria impiantata a Boscoreale (1910) è il Pastificio Angelo Cirillo, che giungerà a produrre circa 90 quintali di pasta al giorno e si renderà famoso all'estero per la bontà dei suoi prodotti. Il 29 marzo 1928 Boscoreale perde la sua autonomia comunale, venendo aggregata con Boscotrecase alla città di Torre Annunziata. Tale aggregazione, favorita dal regime fascista, durò solo 18 anni. Al termine della II guerra mondiale, infatti, Boscoreale riacquisterà l'autonomia con Decreto Luogotenenziale di Umberto di Savoia del 24 gennaio 1946. Dopo i gravi lutti e le privazioni subite nel periodo bellico, la cittadina ha ripreso con alacrità il lavoro accostando alla tradizionale attività agricola una notevole attività industriale e a conduzione artigianale, con l'impianto d'attrezzati laboratori nel campo alimentare, manifatturiero e del terziario. Gli anni '60 e '70 hanno visto una arricchirsi ed un miglioramento del tessuto urbano con la realizzazione di nuove strade, di edifici scolastici, di alloggi destinati ai lavoratori, di opere di interesse sociale e sportivo. Il terremoto del 23 novembre 1980 ha arrecato al patrimonio urbanistico di Boscoreale, per lo più di vecchio impianto, danni notevoli. Per venire incontro ai senza tetto, con i finanziamenti dello Stato, sono sorti in Boscoreale due nuovi rioni con alloggi destinati ai terremotati locali ed a quelli di Napoli. L'aumento demografico dovuto a questi nuovi insediamenti ha portato Boscoreale, alla soglia del terzo millennio, ad una popolazione di circa trentamila abitanti.
Dr. Angelandrea Casale
Ispettore On. del Ministero per i Beni e le Attività Culturali